Giuliano Pini
“…L’approdo a questo tempo/ ti sia caro, amico/ e ancora a lungo scrivi/ suona per noi la vita/ poeta del disegno/ cantore della tela./ E musica ti accompagni.”
Oriana Goti
Giuliano Pini è nato nel 1935 a Firenze. Autodidatta, annovera tra i suoi primi estimatori Ottone Rosai. Risale al 1960 la sua prima mostra personale a Firenze, alla Galleria Nuova Corrente.
Il suo operare si articola principalmente per grandi cicli che hanno come tema l’essere umano con tutti i suoi dolori, ma anche i sogni e i miti. E’ del 1970 “Il tempo ha le mani” e nel 1979 “Il punto da raggiungere” con in catalogo uno scritto di Renzo Vespignani.
Nel 1982 presenta al Palazzo dei Diamanti di Ferrara il ciclo “L’edificio del sogno – L’opera incantatrice di Richard Wagner”; seguiranno la mostra “Le radici del grido” e “Flamenco” dedicate ad Antonio Gades.
Nel 1991 nello Studio d’Arte Melotti di Ferrara, racconta la città con “Ferrara: i miti, i personaggi, i fantasmi”. Nel maggio-giugno 1997 è all’Istituto degli Innocenti di Firenze con la mostra “Firenze, il tempo della memoria – cronache fiorentine”.
Sua compagna di sempre è la passione per la musica e il teatro.
Nel 2000 tutto poi all’improvviso si ferma: la sua voce, la sua mano, il suo passo sicuro, ma non la sua volontà e la speranza di tutti.
E così fino al maggio 2017.
Nascita | Inizi
27 agosto 1935 Giuliano nasce a Firenze (in via Bronzino- segno premonitore?) da madre livornese e padre fiorentino; conosce prestissimo il dolore della separazione: ogni morte, prima di due sorelline, poi della madre, provoca il suo soggiorno o dalla balia o dalle amate zie, poi a 11 anni ancora la scomparsa dell’ultima sorella appena ventenne. Il bambino instabile e irrequieto viene circondato dai nuovi affetti della seconda mamma e della nuova sorellina Gisella, ma è ormai segnato nel profondo e conserverà per sempre queste ferite.
La sua prima apparizione pubblica risale al 1955 nella mostra-concorso alla Casa di Dante “Ritratto Contemporaneo”. Nel 1957 riceve il premio “Vincenzo Cabianca” riservato ai giovani pittori, nell’ambito della VII edizione del Premio “II Fiorino”.
Dopo i diciotto mesi del militare, al suo rientro a Firenze, gli artisti Manfredi, Midollini, Milia, Papasogli, Pecchioli e Tredici, guidati da Xavier Bueno, lo invitano a partecipare all’attività di “Nuova Corrente”, movimento nato in antitesi al dilagare dell’astratto informale e della pittura intimista.
Nello spazio di via del Moro nel febbraio 1960 partecipa ad una prima mostra del gruppo, poi alla fine dello stesso anno nella nuova sede di piazza del Limbo presenta la sua prima personale con una serie di disegni.
Mario De Micheli, che lo seguirà poi per quasi quarant’anni, ne rileva subito la peculiarità sottolineando come “…questi disegni di Pini hanno una qualità fondamentale: partono direttamente, senza sofismi, dalla realtà; in essa hanno un riscontro urtante, privo di qualsiasi attenuante, le ragioni di ciò hanno radice nell’atteggiamento di questo giovane artista verso il mondo che gli sta attorno”. Si tratta di un atteggiamento per nulla metafisico, un atteggiamento mordente, scevro di illusioni e tuttavia non cinico… La sua immagine tende ad una consistenza che, senza tradire la cronaca la dilata a segno di vita, a sostanza, più che a critica, a giudizio… conta il fatto che Pini ha talento ed energia e che i suoi fogli sono già un risultato” (M. DE MICHELI, Presentazione in catalogo).
1961-1970
Nel 1961 con Falconi e Ricceri, con un’introduzione di Piero Tredici, è a “L’Indiano”, storica galleria di Piero Santi e Paolo Marini.
È importante sottolineare come in questi anni la sua formazione culturale, il suo amore per la musica, il cinema, il teatro vadano crescendo grazie anche a degli incontri significativi con dei “maestri di vita” come per esempio Xavier Bueno- che gli regalerà il primo giradischi.
Nel 1964 gli viene assegnata dal Comune di Firenze una delle quattro borse di studio destinate a giovani artisti residenti in Toscana.
Inizia poi la cooperazione con la Galleria La Soffitta, Casa del Popolo di Colonnata (Sesto Fiorentino), spazio ideato da Enrico Pratesi e che ancora oggi è una forte testimonianza nel mondo dell’arte. Qui espone prima insieme allo scultore Giancarlo Marini, poi con Manfredi, Midollini e Tredici.
Nel marzo 1965, con presentazione in catalogo di Massimo Di Volo, inizia la sua collaborazione con la Galleria Santa Croce di Firenze ed è l’occasione per fare “…un po’ il punto sulla sua ricerca: dipinti, disegni, pastelli e tempere della sua quindicennale attività propongono al lettore un caso tra i più interessanti tra i giovani d’oggi e ne mettono in valore le recenti acquisizioni che sembrano già avviate ad un discorso di più libera e meno tentacolare e programmatica estrinsecazione” (U. BALDINI, “La Nazione” 23 marzo 1965).
Nello stesso anno si sposa con Tina, preziosa compagna in quegli anni turbolenti e poi dopo, amica per sempre.
Nell’estate del 1966 conosce Enzo Landi: incontro tenacemente voluto dal mitico fornaio di San Donnino e ben ricordato da Alessio Monciatti nel catalogo del 1997- per i settanta anni di Marisa e Enzo Landi – “I densi giorni dell’amicizia, quando un sogno comune ci univa…”. Enzo diventa da allora un punto di riferimento fondamentale nella sua vita. Anche nel lungo periodo di depressione che lo allontanerà nei primi anni ‘70 per circa due anni dal lavoro ha come sostegno quotidiano “la gita” per consegnare il pane insieme ad Enzo. Da allora il caro amico-fratello lo sosterrà invitandolo a seguire la sua vena creativa più intima e forte, al di fuori dei condizionamenti del mercato; nasceranno tante schermaglie e incomprensioni con gli altri collezionisti e estimatori, ma questo è proprio delle passioni…
Nel 1967 nell’ambito del XVII premio Internazionale d’arte del Fiorino, gli viene assegnata la medaglia d’oro della Camera di Commercio di Firenze.
È del 1968 la sua prima apparizione a Milano alla Galleria 32 con i pittori Bec, Cagnone e Margonari, presentati da Mario De Micheli: inizia così la sua frequentazione con il mondo dell’arte milanese dove tornerà nel 1969 alla Galleria L’Agrifoglio ” Non siamo di fronte solo ad una coerenza formale bensì in presenza di un nucleo creativo profondo, persistente che è andato via via crescendo per intima energia” (M. DE MICHELI, Presentazione alla mostra.)
Anche in Romagna trova un ambiente che lo accoglie con stima e affetto e da allora saranno frequenti le sue mostre alla Galleria Il Portico dell’amico e collezionista Carlo Pieri.
Sempre nel 1969 partecipa alla Biennale d’Arte “Il muro dipinto” lasciando a Dozza Imolese la sua testimonianza.
Nel 1970 torna con la mostra “Il tempo ha le mani” alla Galleria Santa Croce: galleria che, grazie alla direzione di Laura Gori, presenta a Firenze artisti di grande valore e particolare pregnanza come Bodini, Cremonini, Guerreschi, Pirandello, Perez, Vangi, Vespignani…
Mario De Micheli rileva un “abbandono progressivo dei dati di cronaca, di costume, di satira per una scelta di valori storico-essenziali più profondi” (M. DE MICHELI, “L’ Unità’; 23 maggio 1970), mentre Tommaso Paloscia afferma ” il pittore è riuscito a inserire nel suo linguaggio i termini suggeriti dall’indimenticato liberty e ad attualizzarli, se così si può dire, attraverso i contenuti. …Pini è disegnatore fortissimo … ma è da rilevare che negli ultimi due o tre anni si è fatto avanti il colore” (T. PALOSCIA, La Nazione” 23 maggio 1970.).
1971-1980
Alla fine del 1971 è presente con altri 7 pittori a Grosseto alla Galleria Il Tridente dell’amico Enzo Sorini: tornerà poi spesso in questo spazio con mostre personali e collettive.
Sono questi gli anni dell’esaurimento nervoso; si acutizza il malessere ed i grovigli dell’anima lo possiedono sempre di più: è alla ricerca di un quid sentimentale e esistenziale che possa salvarlo. Niente gli basta, non trova requie se non nell’abbandonarsi al nulla. Si fa sempre più lacerante la dicotomia tra necessità, bisogno spasmodico di affetto ed estrema timidezza e introversione.
Le sue apparizioni sono rare: in occasione di un suo ritorno a Grosseto si può leggere “Rivedere Giuliano Pini dopo due anni di sua dolorosa assenza dal mondo della pittura ufficiale è stato un riscoprire valori che fin dall’inizio si imponevano… non c’è dubbio che il lungo doloroso travaglio …ha inciso determinatamente sulla sua umanità che è poi tutt’uno con la sua creatività pittorica …” (BEPPE BOTTAI “La Maremma” 6 maggio 1972.)
Nell’ottobre del ’72 torna a “La Soffitta” di Colonnata con una mostra di disegni e incisioni che fa scrivere “…il disegno ha in Pini le funzioni primarie di un linguaggio autonomo riscattato completamente dalle sue prerogative di appunto per offrirsi invece all’attenzione dell’utente in una dimensione assoluta e di per sé testimone della trama delle misteriose immagini evocate dalla fantasia del pittore…” (VANNI BRAMANTI “L’Unità” 3 novembre 1972.)
Nel 1973, in occasione di una mostra collettiva al Circolo della Stampa di Bologna Giuliano, porta come presentazione la poesia dedicatagli nel 1967 dall’amico poeta Silvano Guarducci: “Figurare” “Dov’è l’arpa della vita sognata, Giuliano,/ se ad ogni incontro/ andiamo di lei il suono ripetendo/ e non ci è udito?/ Altro non resta alla mia parola/ Il segno tuo d’altro tempo e veli/ e ad altri, il solo ambiguo/ mestiere mondano/ Stai, se puoi , fra le tue pistole / e trine tutte puntate al cuore.”
Poi ancora alla Galleria Solferino di Milano, alla Galleria Schreiber di Brescia ( dove tornerà più volte in seguito), alla Rocchetta di Parma ed ancora al “ Tridente” di Grosseto.
Alla Galleria Santa Croce, nel 1974, lo presenta in catalogo Fortunato Bellonzi che evidenzia “…una presenza spontanea, viva attesa ,nella lunga avventura della linea che non è meno necessaria ed importante dell’avventura della luce….Più che l’individuazione delle fonti di pittura di Giuliano Pini conta il valore morale, la schiettezza del suo schieramento con i nostri linearismi espressionistici, per così chiamarli tra cui un Cremonini, un Guerreschi, un Vespignani e gli scultori Bodini e Vangi con i quali tutti il Pini condivide la passione e la capacità del disegno,.”'(F. BELLONZI, Presentazione alla mostra )
Il suo modo di muoversi nel mondo dell’arte è registrato nell’articolo di T. Paloscia su La Nazione “…È probabile che la natura del pittore, incline ad elaborare silenziosamente le possibilità del suo disegno armonioso e allo stesso tempo incisivo, lo renda estraneo alla lotta di preminenza o di affermazione…” e da Corrado Marsan ”…il felice stato di grazia del solitario pittore fiorentino” ( C. MARSAN “Il Giornale d’Italia” 30 aprile 1974).
In occasione del 6° centenario della morte di Francesco Petrarca viene invitato dal Comune di Arezzo a dare forma con 4 disegni alle parole del grande poeta per un’edizione speciale numerata del “Canzoniere” con note critiche di Giacomo Leopardi.
Il 1975 lo vede alla Galleria Forni di Bologna presentato da Mario De Micheli, al XXII Premio del Fiorino con un quadro basilare nella sua vita artistica ”Il Battelliere” e ancora alla Galleria 32 di Milano: in catalogo un’autopresentazione “… Avverto la mia lacerazione: conoscenza razionale come salvezza, dubbio esistenziale come angoscioso percorso. Le mie tematiche non sono probabilmente approvate in quanto non è comodo il ricordo di un dolore oscuro che tutti ci accompagna e in quanto ripropongo ciò che non è visibile e che non appartiene ai miti vacuamente consolatori del nostro tempo”; nella successiva mostra alla Galleria 23 di Cremona le parole di Franco Solmi ” … questa pittura esprime più che concetti, nodi d’intricata coscienza dell’essere… “,
Continuano in questi anni tematiche con una forte carica espressionista: denuncia sociale, ma anche profonda e lacerante inquietudine nella consapevolezza della drammatica vicenda umana. La portata della sua fantasia ed immaginazione si amplia e si innalza in una sublimazione dei temi. Le immagini sono metafore sontuose dell’esistenza, dei suoi temi fondamentali, rappresentano in maniera allusiva la trama e l’ordito della vita
Nell’angolo di un quadro esposto alla Galleria Nuovo Aminta di Siena nel 1976 scrive“ E l’atroce ballo dura a lungo/ e la vita mi passa dinanzi/ come una chimera ripugnante/ dissennata, assonnata, bellissima.”
Partecipa a vari premi e rassegne proposto dai più importanti critici d’arte del momento: Fortunato Bellonzi lo segnala per il “Catalogo Bolaffi 1976”.
Due mostre importanti nella prima metà del 1977: alla Galleria Santa Croce, ancora con Mario De Micheli che curerà anche alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo la mostra antologica; nella magica atmosfera della chiesa sconsacrata di Sant’Ignazio si affacciano i suoi personaggi in tutta la loro drammatica teatralità e Francesco Vincitorio nella sua allora seguita rubrica su “L’Espresso” menziona “il malessere e sontuosità nella sinuosità grafica di un solitario figurativo toscano” (F.V. “L’Espresso” 1 maggio 1977). Poi ancora alla Galleria Schreiber.
In questo anno l’incontro con Roberta, incontro che si ripete da allora ogni giorno, con ogni tempo, gioioso o triste che sia. Per tutta la vita.
Nel 1978 fra le antiche librerie della Biblioteca Comunale di San Gimignano espone quadri e grafica.
Ma la sua natura di artista mal si concilia con le esigenze di un certo “mercato dell’arte”; non può accettare i limiti e le mortificazioni del quotidiano, ha bisogno di preparare degli antidoti e questi rimedi possono nascere solo dalla sua creatività.
Trova sintonia con una nuova galleria che porta una sferzata di novità nell’ambiente artistico fiorentino “La Stamperia della Bezuga”. Qui dai primi anni ’70 artisti come Clerici, Guttuso, Manzù, Matta si cimentano nella produzione di una grafica di altissima qualità seguiti da Giuliano Allegri e Alvaro Bracaloni: nello spazio antistante al laboratorio vengono allestite le rispettive mostre caratterizzate dalla presenza di un unico grande quadro accompagnato da disegni.
In questo spazio che si affaccia su via Pandolfini Giuliano presenta nel maggio 1979 la mostra “Il punto da raggiungere” in cui l’omonimo quadro grandeggia circondato da disegni sullo stesso tema. Nel catalogo edito dalla medesima stamperia, con uno stile grafico unico e particolare, la presentazione di Renzo Vespignani “Carissimo Pini… Mi piace un pittore, non la squadra cui appartiene; sono affascinato dall’eccezione non dalla regola…da tipi come te, ”casi”, ”personalità anomale”, dalle quali è difficilissimo prendere una giusta distanza critica… questi disegni precisi come l’incisione di un bisturi sono di per sé stessa comunicazione immediata e persuasiva …ti ho visto sempre, rispetto all’< habitat> fiorentino (e non solo) estraneo e quasi paracadutato…..i tuoi disegni sono a tal punto scrittura (e in senso niente affatto aneddotico, racconto) da indurmi ad altre citazioni. Penso a Poe… E a Kafka, naturalmente: la condanna capitale per te, come per lui, è inevitabile….” (R.VESPIGNANI, Lettera aperta in catalogo).
Carlo Ludovico Ragghianti evidenzia in questa occasione ” il fenomeno quasi incredibile di un grafico erede di Botticelli e osservante di Michelangelo, che galvanizza, per così dire, Beardsley e Schiele, il pittore fiorentino ed europeo…”
(C. L RAGGHIANTI, “II Resto del Carlino” e “La Nazione” 7 giugno 1979.)
Poi una mostra nella Galleria Forni di Amsterdam e la partecipazione, che si protrarrà per vari anni, alle mostre all’estero “Grafica italiana Contemporanea” organizzate dall’Ente Autonomo Quadriennale d’Arte di Roma.
Nel giugno 1980 con l’esposizione nel Salone degli Intronati di Palazzo Patrizi inaugura ufficialmente l’Estate Senese. Il catalogo è ancora curato dalla Stamperia La Bezuga e dal quadro “Il punto da raggiungere” emana quell’enigmatica musicalità, quello stupore del suono che troveranno poi la loro alta espressione nella mostra del 1982 a Ferrara.
1981-1990
Sono le parole di Michele, caro amico musicologo, che lo inducono ad una riflessione: guardando le opere della mostra del ’79 Michele è rimasto colpito dall’assonanza tra il suo segno e i ritmi, le cadenze, le volute, i leit-motiv di Wagner. E allora Giuliano incuriosito e sollecitato scappa, si isola da tutto e da tutti: in solitudine con la sola compagnia della musica del grande compositore tedesco, cerca quella parte di sé ancora sopita e che esploderà sulle note di Parsifal, Tristano e Isotta, la Tetralogia nibelungica.
Rare in questo periodo le sue apparizioni: a Roma nel 1980 per la mostra Arte e Critica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Valle Giulia e una personale nel 1981 nella suggestiva Sala Carlini del comune di San Casciano Val di Pesa.
“L’Edificio del sogno- L’opera incantatrice di Richard Wagner” si realizza e va in mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel maggio 1982, accompagnata dall’omonimo libro monografico curato ed edito ancora da “La Bezuga”.
Sono “squarci di visionarietà e remoti luoghi di dolcezza, ispirati dalla musica di Wagner”(G.Pini).
Scrivono tra gli altri Sylvano Bussotti “…della regola rinascimentale e Toscana – secondo cui le figure andavano disegnate del tutto spoglie anche sotto grandiosi drappeggi; non basta, bisognava conoscerne addirittura la minuziosa e forte ossatura, per dare movimento e verità a corpi del tutto, e spesso magnificamente, pesantemente vestiti -, abbiamo qui la più fedele ostinata illustrazione…” e Dario Micacchi (da allora “compagno di strada” per tanti anni) “…la familiarità poetica con il dolore e la bellezza e l’eros, feriti e piagati, lo ha portato a liberare immagini visionarie dove il segno che struttura il colore costituisce l’immagine come una grandeggiante musica del mondo che si inabissa” Poi una lettera di Alfredo Kraus il grande tenore spagnolo “…sai non capita mai di vedere della musica su una tela….sarei felice cantante se potessi avere un direttore d’orchestra che, adoperando come te, i chiaro-scuri e i colorati accenti…”.
I grandi quadri e disegni saranno poi nel Comune di Piombino nel suggestivo chiostro quattrocentesco di Sant’Antimo e a Majano nel Friuli, nell’auditorium comunale in concomitanza dei corsi internazionali di musica da camera. Continuano poi a viaggiare in occasione del centenario della morte di Richard Wagner: nel 1983 a Monfalcone nella rassegna curata da Carlo de Incontrera, a Cremona nell’ambito del Festival Recitarcantando 1983, alla Galleria Ca’d’oro di Roma ed infine alla Galleria Pananti di Firenze.
E ancora nel 1984 nel foyer del Teatro dell’Opera di Roma, nel 1985 alla Galleria Nuovo Aminta di Siena e, insieme ad altre opere, in interessanti retrospettive nei Comuni di Piombino e di Cesena, alla Società Dante Alighieri di Firenze e nel 1987 al Comune di Prato in Palazzo Novellucci.
Sono di questi anni incontri e amicizie fondamentali: Alfredo Kraus, maestro di vita e d’arte; Raffaello Becattini magistrale torcoliere già della Stamperia “IL Bisonte” che con la sua sensibilità e maestria guida Giuliano e l’accompagna in una produzione grafica (litografie e acqueforti) di grande respiro e qualità; Paolo Tosi, grande fotografo d’arte che riesce come nessun altro a restituire nelle foto il suo segno ed il suo colore; Paolo Nocentini (Paolino) amico da tempi lontani ma che diventa anche importante collaboratore con i suoi spettacolari e fuori dalla norma allestimenti delle mostre,.
Nel 1986 è invitato alla XI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.
Come racconta lo stesso Giuliano “furono le parole del grande tenore ed amico Alfredo Kraus a svelarmi la straordinaria arte di Antonio Gades. La rivelazione di una cultura flamenca e gitana liberata dal folklore e restituita alla sua più intima natura…quel modo di danzare mi parlava di libertà assoluta: sfida e rifiuto, ad esorcizzare il tempo che consuma…” ecco Kraus gli racconta del nuovo spettacolo di Gades “Carmen story”, divenuto poi anche film, e Giuliano ne è conquistato e si appresta ad una nuova avventura. Entra in questo nuovo mondo accompagnato anche (la famosa ragion d’essere del caso) da una trasmissione su Radio tre ( fedele compagna di tutti i giorni) in cui Marina Cepeda Fuentes racconta con grande passione proprio del flamenco e del duende, il demone dell’arte, il folletto che è dentro l’artista, narrato da Federico Garcia Lorca “Il duende, la musa e l’angelo”.
Continua così la sua “affascinante avventura dei sensi e dello spirito… con temi nuovi e con crescente sicurezza di segno e di colore” (F.BELLONZI, Lettera del 25 aprile 1987.)
La mostra “Le radici del grido” viene presentata nel 1986 alla Galleria Ca’ d’Oro di Roma introdotta in catalogo da Dario Micacchi e la successiva “Flamenco” alla Galleria Palazzo Vecchio di Firenze con scritto di Tommaso Paloscia. Questi quadri potranno poi incontrare il loro ispiratore Antonio Gades e la sua compagna Caterina Hoyos nel foyer del Teatro Metastasio di Prato nel dicembre 1987 in occasione dello spettacolo “Nozze di sangue”.
Giuliano ricorda ancora con un brivido l’emozione provata l’ultima sera, dopo lo spettacolo, quando in una pizzeria, invitato da Gades alla festa di compleanno di una delle ballerine, vide e sentì quei corpi, ad un tintinnio su un bicchiere, ergersi sui tavoli e ballare, ballare, ballare per sé stessi, accompagnati dalle chitarre e dai cantaores
Nel febbraio 1988 queste opere faranno da cornice al grande quadro “Werther-Homenaje a Afredo Kraus” commissionato dal tenore stesso e presentato in una serata in suo onore nella sede della Dante Alighieri di Firenze; il loro rapporto di stima e amicizia troverà testimonianza nel film “L’arte di Alfredo Kraus” presentato a Bergamo nel 1993 durante il Festival Europeo della Televisione.
Gli anni ’80 finiscono con una mostra dedicata ai “Ritratti immaginari e non” alla Galleria Palazzo Vecchio (1989), e insieme all’amico di sempre lo scultore Giancarlo Marini con un’esposizione itinerante “2 amici, 2 artisti” – che dalla galleria La Soffitta passa a Piombino e a Forlì.
Poi ecco il mito greco di Arianna, Teseo, il Minotauro e le Baccanti. Ancora un viaggio in un mondo altro suggerito dalla possibilità -poi naufragata (come peraltro anni prima era successo con analoghi progetti per le opere “I Pagliacci” a Cremona e “Iris” di Mascagni – proposta dal Prof: Cesare Orselli-) di creare le scene e i costumi per un’opera nuova del compositore francese Philippe Fenelon.
Il M° Sylvano Bussotti – che avrebbe curato la parte musicale- allora direttore del settore musica della Biennale di Venezia scriveva “…L’opera si basa su un dramma di Julio Cortazar intitolata Les Rois e mette in scena Arianna, l’orrido Minotauro con relativo labirinto, filo, palazzo e mura inespugnabili. Mi sembrano tutte cose nate per la tua splendida e fastosa fantasia …” (Sylvano Bussotti lettera dell’8.9.1988) I tagli finanziari annullarono tutta la manifestazione ma ormai la fantasia di Giuliano aveva preso il volo e trovò ulteriore alimento nello spettacolo “Le Baccanti” di Euripide in forma flamenca presentato a Firenze da La Cuadra di Siviglia.
Sono del 1988 due suoi scritti pubblicati sul quotidiano “La Città”: in aprile per la scomparsa del caro amico il poeta Silvano Guarducci, il secondo in novembre per ricordare Primo Conti.
1991-2000
Giuliano continua il suo viaggio di intima conoscenza che lo porta a trovare una sua collocazione; l’ispirazione è sempre più voce delle proprie inquietudini e passioni, ma è anche fonte di “sicurezza”. Il suo nucleo poetico continua ad arricchirsi.
Il gallerista di Ferrara Renzo Melotti da qualche anno ha iniziato una collana di mostre dedicate alla sua città incaricando ogni anno un artista a farne il personale ritratto.
Giuliano accetta una sorta di sfida: lui che non ama fare paesaggi interpreterà la città attraverso i personaggi: Ariosto, Tasso, Orlando Furioso, Gerusalemme Liberata, gli Este; i silenzi della città fanno si che il segno diventi misteriosa coreografia, le sensazioni si trasformino in immagini. Nel 1991 porterà allo Studio d’Arte Melotti “I personaggi, i miti, i fantasmi” presentato in catalogo da Mario De Micheli”…ha svolto un discorso di appassionata convivenza e di rapita partecipazione…” e Fortunato Bellonzi in una delle sue ultime lettere dirà ”…ciclo di mirabile forza inventiva, di stesura definitoria e univoca (linea e colore) di eccezionale ricchezza narrativa (senza che mai l’immagine si limiti nel racconto)…” (F.Bellonzi lettera capodanno 1992).
Negli anni di preparazione Giuliano però ama regalare e regalarsi delle mostre particolari e così grazie alla disponibilità dei suoi collezionisti, in primis Enzo Landi, all’inventiva dell’amico Paolino, e al coinvolgimento degli amici – sua grande inestimabile ricchezza – in allestimenti suggestivi si possono ammirare le sue opere al Cassero della Fortezza Medicea di Grosseto – promossa dall’Associazione Primavera Maremmana -, nell’ampio anfiteatro della Sala Polivalente del Comune di Montemurlo, al Circolo Culturale Fanin di Figline Valdarno per continuare poi negli anni successivi anche nelle case di amici come a San Cresci nel Mugello o a Sasso Marconi.
Gli piace darsi con immediatezza ed entusiasmo creando forti rapporti nei luoghi dove vive: partecipa a Firenze nel suo quartiere di San Pierino alla manifestazione benefica “Un chilometro d’arte per la vita” (1987) (e ne sarà testimone anche su RAI 1 nella trasmissione Uno mattina), qui poi organizzerà per vari anni Il Calendimaggio coinvolgendo altri amici pittori a dipingere per le strade del quartiere; nel 1991 allestirà nel cortile di Palazzo Frescobaldi in Borgo degli Albizi per 2 soli giorni una sua grande mostra personale.
Anche a Cavriglia eletta come “buen retiro” – dove si rifugia per periodi più o meno lunghi a dipingere – diviene animatore di occasioni culturali e porta le sue opere in due mostre nella sede della Filarmonica prima e nella splendida cornice di Villa Castiglioncelli poi. (1994). Per tre anni consecutivi sarà poi a Castiglion dÈ Pepoli ad accompagnare con le sue immagini le prestigiose stagioni estive organizzate dall’amico baritono Leo Nucci.
Altri incontri importanti sono da ricordare per questi primi anni 90.
Inizia la collaborazione con l’ACIT (Associazione Culturale Italo Tedesca ) di Pescia guidata dal germanista Nino Campagna che organizzerà nel 1992 all’interno del Teatro Pacini la mostra “Richard Wagner, il Mito, il sogno il fantastico” introdotta da Mario De Micheli “…Pini ha disegnato e dipinto ogni personaggio wagneriano disegnando e dipingendo se stesso, la propria anima inquieta, i propri sogni e le proprie utopie. La trasposizione di se stesso nel disegno e nei colori di questa sua avventura wagneriana è totale. Egli ha trovato nella musica di Wagner una spinta emotiva e fantastica che gli ha permesso di trovare la sua natura d’artista. …Senza fumosità alcuna Pini ci ha dato un Wagner di luminosa intensità. Ma ciò gli è riuscito solo perché ha trovato con Wagner un’identità moderna: ha ritrovato il potere del sogno.”. (M. DE MICHELI, Presentazione in catalogo, Pescia1992), accompagnata da una serie di conferenze e concerti.
Con la stessa formula, unendo le cose che più ama (pittura e musica), nel 1993 propone al Rifugio Gualdo di Sesto Fiorentino “Per antichi sentieri” ricordando il caro amico Silvano Guarducci.
Nel 1994 nell’ambito delle Festa Internazionale della Ceramica presenta a Montelupo Fiorentino, nella bellissima cappella della Misericordia ed allestita come sempre da Paolo Nocentini, la mostra “Il volo della mente”; festeggerà poi nel suo quartiere sempre con quadri e musica (in collaborazione con l’Accademia Musicale di Firenze diretta da Fabio Caselli e Lucia De Caro) gli 80 anni di Mario de Micheli perché continua a sentire il bisogno di “….mostrare le radici di un modo d’essere che non si deve scordare”.
Ancora con l’organizzazione dell’ACIT porterà le sue opere a Berlino (1996) e a Bonn (1997).
In questi anni affronta un’altra importante avventura: sollecitato ancora una volta da Renzo Melotti, dopo mille dubbi ed incertezze, lunghe passeggiate con l’amico Giampiero Iacopini per le strade e stradine della città, si dedica a rappresentare la “sua” Firenze in un modo inconsueto, attraverso le persone legate in qualche modo al suo mondo poetico, siano essi personaggi o gente di tutti i giorni, conosciute o no, e nel maggio-giugno 1997 all’Istituto degli Innocenti di Firenze con “Firenze, il tempo della memoria – cronache fiorentine”; presenta più di cento opere Per l’occasione lo Studio d’Arte Melotti pubblica l’omonimo libro-catalogo con scritti di Mario De Micheli, Mario Luzi, Tommaso Paloscia, Antonio Paolucci e testimonianze, fra gli altri, di Alfredo Kraus e Leo Nucci.
Il 1998 nella Stamperia EdigraficaR2B2 dell’amico Raffaello Becattini ( con cui dal 1983 lavora in perfetta simbiosi realizzando litografie e incisioni) vede l’inizio di un progetto che ha per titolo “L’Incontro”: Nel primo appuntamento, che rimane purtroppo unico, coniuga le essenze dell’arte e della vita più amate, “Le committenze del cuore”, le parole sull’ amicizia, sul significato della musica nella sua pittura e l’ interpretazione del mito di Colapesce.
A fine anno la mostra “Il Mito, il Mistero, la Musica” nella milanese Galleria Ciovasso.
Il 1999 è un anno pieno di appuntamenti, di incontri, di sollecitazioni che fanno prevedere ancora una ricerca, una maturazione, degli impegni e progetti sempre più prestigiosi.
Presenta nel dicembre una selezione di opere a Villa Bottini a Lucca, ripropone a Villa San Lorenzo di Sesto Fiorentino alcuni quadri de “Il tempo della memoria” e a Venezia in Palazzo Albrizzi, sede della locale Associazione Culturale Italo Tedesca, in occasione del Convegno Internazionale di Studi “Il wagnerismo degli operisti italiani”, nell’ambito delle giornate wagneriane 1999, promosso dalla “Associazione Richard Wagner di Venezia “ una selezione delle opere dedicate al grande artista tedesco con il titolo “Il wagnerismo di un pittore italiano”.
27 gennaio 2000 tutto all’improvviso si ferma: la sua voce, la sua mano, il suo passo sicuro, ma non la sua volontà e la speranza di tutti.
Gli vienea conferita, a riconoscimento della sua ricerca artistica, la ”Targa d’argento del Presidente della Repubblica” nell’ambito della Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea “Premio Sulmona”.
2001-2017
Nel marzo 2001 la Galleria Pananti di Firenze ospita la sua mostra “…riprenderò il cammino…”.
Poi dopo un ulteriore periodo d’ombra, di stasi, di tregua con il suo mondo fantastico, pur tra mille dubbi ed incertezze, rientrato in sintonia con quella parte di sé che esige il disegno, la pittura ogni giorno, giorno dopo giorno, accompagnato ancora dal caro amico Enrico, espone nella vetrina dell’amico “ Angiolino, il corniciaio di Sesto Fiorentino “ alcuni lavori del suo nuovo cammino, ponte magico fra passato e futuro. E con queste opere Giuliano, invitato dall’amico Piero Farulli (come nel ’98 e ’99) sarà alla Scuola di Musica di Fiesole per la Festa della musica 2003. Per un solo giorno, ma con una passione infinita.
Il 2003 lo vede presente a Palagio di Parte Guelfa a Firenze nella mostra “Arte a Palagio” e in una sala dedicata alle sue opere nell’esposizione “La Figura” presso l’ex Fornace Pasquinucci di Capraia Fiorentina. In dicembre ripercorre i venti anni di lavoro con l’amico stampatore d’arte, il compianto Raffaello, presentando presso la stamperia Edigrafica R2B2 tutte le litografie e acqueforti nate dalla loro splendida collaborazione.
Nel 2004 oltre alla mostra “Omaggio a Giuliano Pini” dalla collezione Enzo e Marisa Landi, riceve il premio Città di Certaldo.
Continua ad essere presente in varie manifestazioni, fra cui quelle organizzate dalla Regione Toscana-Consiglio Regionale; nel maggio 2007 “Ottone Rosai 1957-2007, 13 pittori fiorentini lo ricordano a 50 anni dalla scomparsa” e nel settembre 2008, per celebrare i cinquanta anni di “Testimonianze” rivista fondata da Padre Ernesto Balducci.
Nel febbraio 2009 propone al Teatro “L’Affratellamento” di Firenze, in una magica ambientazione curata ancora da Paolino, una selezione di sue importanti opere, mentre in ottobre, organizzata dall’associazione culturale Liberarte nel Centro espositivo Antonio Berti di Sesto Fiorentino offre una panoramica dei suoi disegni.
Il 2012 porta grandi avvenimenti: una retrospettiva della produzione grafica realizzata con il caro Raffaello e poi a 30 anni dalla prima presentazione, nelle sale del Museo Mediceo di Palazzo Medici Riccardi a Firenze nei mesi di giugno e luglio viene proposta con grande successo la mostra “L’edificio del sogno – L’opera incantatrice di Richard Wagner” cui segue nel mese di agosto a Fiesole nella sala comunale del Basolato quella dedicata al “Sogno Mediterraneo”
I due appuntamenti, promossi sempre dall’associazione LiberArte in collaborazione con la Provincia di Firenze, il Comune di Fiesole, la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino, sono accompagnati in catalogo da un saggio della Prof.ssa Anita Valentini ed arricchiti durante il periodo di esposizione da importanti appuntamenti poetico musicali.
E ancora l’associazione LiberArte ed Anita Valentini presentano nel maggio 2013 al Centro Espositivo Antonio Berti di Sesto Fiorentino “ Firenze, ritratti d’arte e d’amore”.
Nel maggio 2014 l’Amministrazione Comunale di Cavriglia con la mostra “I miei anni a Cavriglia” nel palazzo Comunale ricorda il lungo periodo in cui Giuliano ha scelto di lavorare proprio lì, stabilendo anche bellissimi rapporti di amicizia, legami e scelte culturali che hanno portato ad importanti manifestazioni nel territorio. A conclusione di questo percorso gli viene intitolata la Sala della Giunta
Il Comune ha poi voluto continuare questo legame istituendo un premio annuale di pittura a lui dedicato coinvolgendo alcune scuole del territorio.
Nel luglio 2016 è protagonista -con Fuad e Giampaolo Talani- di una manifestazione nell’ambito dell’Estate Fiorentina in un luogo inconsueto: l’amico Paolino con un’ idea incredibile strappa alla negligenza pubblica le tre grotte del Poggi sotto la balconata di Piazzale Michelangelo e vi allestisce una mostra emozionante “Meriggio fiorentino” che gode dell’incomparabile panorama di Firenze
27 maggio 2017 Giuliano muore
…Gli anni ci camminano accanto
con le loro rughe
ma sono felici per come li abbiamo spesi.